mercoledì 3 aprile 2013

Storia - A cena da "Pino", riti e leggende

 

Non ha bisogno di presentazione la storica trattoria "Da Pino", sita nel centro di Marsala, rinomata per la freschezza del pescato e, soprattutto, per l'aroma e il gusto squisito degli spaghetti spezzati in brodo d'aragosta.
La trattoria "Da Pino" lega il suo nome a tante cene parassitarie, molte delle quali non ufficiali e molte altre svolte in numero ridotto, con nemmeno cinque Parassiti per volta.
E in effetti il nome del Clan resterà per sempre inciso, nel senso letterale del termine, sulla parete che il locale ha da sempre dedicato alla firma degli avventori.
In occasione infatti della cena inaugurale del 15 ottobre 2009 il Presidente, approfittando della vicinanza della tavolata parassitaria al suddetto muro, non si fece scappare l'occasione per lasciare il marchio di quella serata e consegnarlo ai posteri e alla storia.


Quella scritta, che fissa nel tempo la data di quell'evento (inaugurazione stagione 2009/2010) e il nome del Clan, assume a oggi un valore incommensurabile. In quanto, prima della stampa definitiva del marchio e dello scudetto, rappresenta la più antica, inoppugnabile testimonianza della presenza dei Parassiti in un locale mangereccio.


La cena presso la trattoria "Da Pino" incarna la classica eccezione che conferma la regola. Ovvero la variazione sul tema,che prevede una cena a base di pesce al posto del tradizionale menù di carne.
E qui nasce l'altro tradizionale rito del luogo.
Dopo una prima portata, che lo sgusciante Enzo, braccio destro di Nino, serve ad ognuno, ecco che alla fine sulla tavola arrivano i "lemmi".
Dicesi lemmo la grande zuppiera di coccio o terracotta con "quello che resta del brodo". Uno di essi contiene il brodo vero e proprio con gli spaghetti, l'altro i pezzi residui dell'aragosta.
E così ha inizio la battaglia.

I Parassiti dimostrano di essere tali soprattutto in queste circostanze.
Perdono il proverbiale rispetto che sempre hanno l'un per l'altro.
Alla ricerca della scorza con qualche brandello di polpa, non hanno ritegno nei confronti  degli altri clienti, che assistono esterrefatti, nè per loro stessi. Visto che il sugo schizza da tutte le parti e soprattutto imbratta i musi degli indomabili mangiatori d'aragosta.
Chi addenta, chi fruga nel brodo con la forchetta alla ricerca di un ultimo brandello, chi sgranocchia ora le zampe ora le chele.
Il rito è servito.
Il momento più entusiasmante e dissacrante è puro spettacolo.
 


A vederne i pezzi passare di mano in mano, sembra proprio che l'aragosta "calata" nel brodo debba essere gigantesca. E il gusto sembra non finire mai.
Il momento più lungo della cena sembra dunque diluirsi nel tempo.
Domani si tornerà da Pino.
Affinché la storia abbia un seguito.





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